Se un campo da tennis costituisce opera di trasformazione significativa e permanente del territorio necessita del permesso di costruire.
Per coprire un campo da gioco, come quello da tennis ad esempio, occorre notoriamente il permesso di costruire.
Le domande più frequenti su un campo da tennis
Ma per l’allestimento di un campo da gioco scoperto da tennis o da padel (gioco simile derivato dal tennis) che autorizzazioni occorre richiedere?
Un campo da gioco da tennis può essere considerato un arredo complementare?
La risposta, questa volta, giunge dal Tar Piemonte con la sentenza n. 223/2023, che vuole in qualche modo ricordarci anche come la scelta del titolo abilitativo per la realizzazione di qualsiasi opera che lo richieda, sia uno step particolarmente delicato e bisognoso di molta attenzione, onde evitare di commettere un abuso edilizio con serie e spiacevoli conseguenze giuridiche ed economiche, che possano, oltretutto, penalizzare la credibilità professionale di un tecnico.
Quando giocare a tennis non è solo una questione di palle e racchette…
Il caso nasce allorquando veniva emessa da un Comune un’ordinanza di demolizione e rimozione di due campi da padel e un campo da tennis, realizzati in assenza di titolo e su area sottoposta a vincoli paesaggistico e idrogeologico.
La società proprietaria dei campi da gioco contestava l’ordinanza motivando a sua difesa che:
- i campi da gioco erano già presenti sull’area sportiva appena acquistata;
- i campi di padel e da tennis non avrebbero costituito una nuova costruzione, ma sarebbero rientrati nell’ambito dell’attività edilizia libera, in quanto non produttivi di volume e superficie.
La questione sfociava, quindi, in un ricorso al Tar.
La sentenza del Tar: le caratteristiche del campo da tennis dotato di una propria autonomia
I giudici del Tar in premessa ricordano e ribadiscono che l’ordine di demolizione di un abuso edilizio prescinde dalla responsabilità dell’attuale proprietario. La buona fede al momento dell’acquisto dell’opera senza titolo è irrilevante rispetto alla doverosità dell’eliminazione dell’abuso.
Successivamente, essi spiegano che le opere in questione hanno caratteristiche tali da comportare una trasformazione significativa e permanente del territorio, risultando quindi soggette al preventivo rilascio di apposito titolo edilizio.
Nel caso di specie, infatti, non si tratta di “opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni” (art. 6, comma 1, lett. e-ter, del dpr 380/2001), come affermato in ricorso, ma al contrario:
lo spianamento e la pavimentazione sono funzionali alla realizzazione di un campo sportivo e, dunque, di un’opera con una propria autonomia. Parimenti, non è possibile ritenere tale intervento edilizio rientrante nella categoria delle “aree ludiche senza fini di lucro” o qualificabile come realizzazione di “elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici” (art. 6, comma 1, lett. e-quinquies, del D.P.R. n. 380/2001),
poiché i campi in questione sono parte di un impianto sportivo aperto al pubblico e gestito nell’ambito di un’attività commerciale vera e propria.
Oltretutto, concludono i giudici, l’abuso è maggiormente avvalorato dalla presenza sull’area dei vincoli paesaggistico e idrogeologico, che avrebbero richiesto il previo assenso degli enti competenti alla tutela del bene.
Il ricorso non è, quindi, accolto.
La scelta del titolo abilitativo più appropriato per la realizzazione di un manufatto edilizio potrebbe rivelarsi sbagliata con una serie conseguenze amministrative e penali,
Conclusione
La scelta del titolo abilitativo più appropriato per la realizzazione di un manufatto edilizio potrebbe rivelarsi sbagliata con una serie conseguenze amministrative e penali.
fonte: biblus