Il passaggio da abitazione rurale a civile abitazione non costituisce mutamento di destinazione d’uso rilevante se l’immobile è preesistente alla legge n. 10/1977.
Recuperare e rifunzionalizzare vecchi immobili è la parola d’ordine che incalza in tempi in cui si è fatto più urgente il bisogno di arrestare gli sprechi ad ogni livello per la salvaguardia del territorio.
Dopo il periodo pandemico che abbiamo vissuto e i numerosi incentivi edilizi fiscali la tendenza è quella di trasformare una vecchia casa rurale nella nostra casa dei sogni.
Attenzione però a quando tale cambio di destinazione è soggetto al contributo in oneri di urbanizzazione.
Cambio di destinazione d’uso da rurale a civile abitazione: oneri di urbanizzazione
Per facilitare la comprensione dei ragionamenti normativi è sempre importante portare esempi concreti.
I proprietari di una vecchia casa rurale decidevano di presentare una SCIA al Comune per lavori di manutenzione straordinaria con beneficio del Superbonus 110% (ricordiamo che dal 5 agosto 2021 tutte le pratiche Superbonus sono connesse alla presentazione della CILAS).
Il Comune inibiva la SCIA con stop ai lavori, per il dovuto versamento degli oneri di urbanizzazione dovuti al cambio rilevante di destinazione d’uso dell’immobile, da rurale a civile abitazione.
La questione sfociava in un ricorso al Tar: i ricorrenti in particolare sostenevano che il contributo richiesto dal Comune non era dovuto si trattava di immobile preesistente l’entrata in vigore della legge “Bucalossi” n. 10/1977 (Norme per la edificabilità dei suoli), quindi il semplice passaggio di destinazione da residenza rurale a residenza civile non costituiva mutamento di destinazione d’uso rilevante.
La sentenza del Tar Piemonte e gli immobili rurali edificati prima della legge n. 10/1977
I giudici sottolineano che lo stesso Tar Piemonte ha già avuto modo di pronunciarsi sul contributo di costruzione non dovuto per gli immobili rurali i cui titoli abilitativi preesistono alla entrata in vigore della legge n. 10/1977, precisando quanto segue:
Dall’entrata in vigore della L. 10/1977 il passaggio dall’utilizzo “rurale” (da parte dell’imprenditore agricolo a servizio della conduzione dell’azienda agricola) all’utilizzo “civile” (da parte di soggetti privi della qualifica di imprenditore agricolo e per esigenze abitative svincolate dalla conduzione del fondo) configura una modificazione della destinazione d’uso rilevante.
Questo perchè determina la decadenza dal beneficio dell’esenzione dal contributo di concessione di cui aveva beneficiato il titolo originario; per le residenze rurali edificate prima dell’entrata in vigore della L. 10/1977 il passaggio dall’uno all’altro utilizzo non configura alcuna modifica della destinazione d’uso giuridicamente rilevante, dal momento che in tal caso il titolo abilitativo autorizzava entrambi gli utilizzi, e ad entrambi concedeva il beneficio della gratuità previsto, in modo generalizzato, per il rilascio di qualsivoglia titolo edilizio
Per questi fabbricati non sussiste alcuna limitazione riguardo alle categorie di soggetti cui poteva essere rilasciato il titolo edilizio né era prevista l’assunzione di un atto di impegno al mantenimento della destinazione dell’immobile a servizio dell’attività agricola.
Pertanto, questi immobili, per quanto “rurali”, potevano e possono tuttora essere liberamente adibiti ad abitazione anche da parte di chi non rivesta la qualifica di imprenditore agricolo, senza che da ciò derivino conseguenze.
Non può configurarsi un mutamento di destinazione d’uso rilevante anche se l’immobile sia abitato da un soggetto che nulla ha a che fare con l’attività agricola.
Né si può affermare che la modifica soggettiva di colui che abita l’immobile determini, di per sé sola, un maggior carico urbanistico che possa giustificare la pretesa al pagamento degli oneri di urbanizzazione.
fonte: biblus