Il concetto di centro storico

Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 9558 del 28 novembre 2024, ha respinto il ricorso di una società avente ad oggetto la produzione di borse-gioiello per l’annullamento del provvedimento con il quale il Comune di Firenze, alla luce dell’art. 8 del Regolamento comunale cd. UNESCO, le aveva vietato la vendita delle borse-gioiello sul Ponte Vecchio.

In questo modo, di fatto, ha definito il concetto di centro storico, tramite una vera e propria best practice.

La sentenza ricorda che il 17 dicembre 1982 il centro storico della città di Firenze è stato iscritto nella Lista UNESCO del Patrimonio Mondiale (World Heritage List).

In particolare, secondo il rapporto Unesco, il centro storico della città di Firenze: “si estende per 505 ettari ed è delimitato da ciò che resta delle mura cittadine del XIV secolo[…] Il contesto urbano in cui si colloca la città storica si presenta ancora integro, così come le colline circostanti che costituiscono una perfetta quinta scenica. Il paesaggio mantiene le sue caratteristiche toscane, contribuendo al valore del Centro Storico di Firenze. Molte delle minacce per il centro storico riguardano l’impatto del turismo di massa, come l’inquinamento atmosferico dovuto al traffico urbano” (UNESCO World Heritage Committee, Rapporto periodico 2014).

Per tali sue indiscutibili caratteristiche, il centro storico di Firenze costituisce un patrimonio universale storico ed artistico, e come tale va classificato tra i beni culturali ai sensi dell’art. 10 d. lgs. 42/2004.

Il Regolamento UNESCO per la tutela del centro storico: concetto e contenuti

L’area del centro storico fiorentino è dunque assoggettata, quanto alla presenza di attività commerciali, all’art. 52 del dlgs. n. 42/2004, che disciplina l’ “Esercizio del commercio in aree di valore culturale e nei locali storici tradizionali”, e al primo comma prevede che: “Con le deliberazioni previste dalla normativa in materia di riforma della disciplina relativa al settore del commercio, i Comuni, sentito il soprintendente, individuano le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l’esercizio del commercio”.

In attuazione di quest’ultima disposizione normativa, il Comune di Firenze, previo accordo con la competente Soprintendenza dei Beni culturali, ha emanato il “Regolamento per la tutela e il decoro del patrimonio culturale del Centro Storico” (cd. Regolamento UNESCO) che a livello tanto di concetto quanto di contenuti intende tutelare l’area del “Centro Storico di Firenze quale Patrimonio Mondiale UNESCO, area di particolare pregio ed interesse storico, artistico, architettonico e ambientale della città, attraverso una generale lotta al degrado contro quegli elementi e quei comportamenti che portano alla lesione di interessi generali, quali la salute pubblica, la civile convivenza, il decoro urbano, il paesaggio urbano storico, l’identità culturale e storico-architettonica del centro della città, anche in coerenza con i programmi di viabilità urbana, con le limitazioni o interdizioni del traffico veicolare e la prevenzione dell’inquinamento sia atmosferico che acustico”.

Il commercio in aree di valore culturale

In tale prospettiva, l’art. 8 del citato Regolamento stabilisce che: “Sul Ponte Vecchio è vietata l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, ed è ammesso solo il commercio dei generi di: a. oggetti preziosi; b. orologi; c. oggetti d’arte, cose antiche o articoli di antiquariato, articoli di numismatica e filatelia”.

Tale previsione regolamentare costituisce la risultante di una tradizione storico-giuridico-culturale che rimonta a circa cinque secoli or sono, precisamente al Bando del 27 settembre 1593, con cui il Granduca Ferdinando I de’ Medici ordinò lo sgombero di tutte le attività presenti sul Ponte Vecchio, precisando che in avvenire gli spazi avrebbero dovuto essere occupati solo da orefici (argentarii), bancherotti (ossia gioiellieri) e argentieri della città, cioè quegli artigiani che da secoli stavano in via Vacchereccia e nella zona di Mercato Nuovo.

L’obiettivo del Bando era chiaramente quello di far affluire sul Ponte Vecchio attività artigianali redditizie, che realizzassero e producessero quelli che erano per l’epoca gli “oggetti di lusso”, e che attraessero i forestieri in transito, portando ulteriore ricchezza e benessere diffuso alla cittadina.

Le borse-gioiello non sono “oggetti preziosi”

Che cosa deve intendersi per “oggetti preziosi”? Il Consiglio di Stato, dopo una disamina delle fonti normative, arriva alla conclusione che le borse-gioiello non possono rientrare in tale categoria, e dunque non possono costituire oggetto di vendita sul Ponte Vecchio di Firenze.

Un oggetto prezioso può anche essere formato in parte da metallo comune, e/o da componenti non metallici, ma tali parti non preziose devono esistere per ragioni “tecniche o ornamentali”.

Deve cioè trattarsi di componenti necessarie o utili per tenere unito un oggetto prezioso (“tecniche”), oppure di componenti aggiunti per ragioni puramente estetiche (“ornamentali”). 

Nella borsa-gioiello, invece, il rapporto è completamente ribaltato: la componente principale è appunto la borsa (fatta essenzialmente in cuoio), che viene soltanto arricchita da oggetti preziosi, i quali rivestono una funzione meramente ancillare e servente (“ornamentale”) rispetto alla componente principale (cuoio). Ne consegue che la borsa impreziosita da componenti in metallo prezioso è sicuramente un bene di lusso, ma non è un oggetto prezioso nel senso tecnico-giuridico del termine, e pertanto non può essere venduta sul Ponte Vecchio.

Limitare il commercio non va contro la liberalizzazione dei servizi

La sentenza è in linea con l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui: “il processo interno di liberalizzazione delle attività economiche perseguito attraverso il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, di recepimento della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno – cd. ‘Direttiva Bolkestein’), sebbene muova nella direzione di un più ampio riconoscimento del diritto di iniziativa economica e della contestuale riduzione dei possibili limiti al suo esercizio, nondimeno legittima tuttora la previsione di limiti in funzione del perseguimento di ulteriori e diverse finalità di interesse generale, imponendo che le contrapposte esigenze siano bilanciate secondo i limiti della proporzionalità, della ragionevolezza e del minimo mezzo“.

Nel caso specifico, il limite al commercio, sul Ponte Vecchio, di prodotti che non siano oggetti preziosi risponde al dichiarato obiettivo di preservare una tradizione plurisecolare che dà pregio e lustro alla città di Firenze.

Nessun rilievo assume la circostanza che la società appellante sia titolare di licenza di commercio di oggetti preziosi, atteso che tale licenza la abilita a commercializzare oggetti preziosi, ma non anche a vendere sul Ponte Vecchio beni giuridicamente non sussumibili nella categoria degli “oggetti preziosi”, quali le borse-gioiello.

Fonte: teknoring