Premessa sull’abuso edilizio
Prima della legge 765/1967, entrata in vigore il 1° settembre 1967, l’articolo 31 della legge 1150/1942 imponeva in via generale la licenza di costruzione solo nei centri abitati. E, per i comuni dotati di un piano regolatore generale, nelle zone di espansione esterne a essi.
Il caso
Il caso è racchiuso nella sentenza 3793/2024 del 26 aprile del Consiglio di Stato. È relativo al ricorso di un privato contro il diniego di accertamento di conformità pronunciato dal Comune in ragione dell’addotto contrasto dell’intervento edificatorio realizzato dalla parte privata sia con l’art. 46.3. delle NTA dello strumento urbanistico, sia con l’art. 46.5.1. della variante c.d. «corti rurali».
Il privato, premette che:
- l’immobile sarebbe stato realizzato in epoca anteriore al 1958 (quindi ante 1967), anno nel quale il Comune si sarebbe dotato per la prima volta del piano regolatore generale in applicazione della legge 1150/1942;
- la domanda di accertamento di conformità sarebbe dipesa dalla intervenuta segnalazione al Comune di della realizzazione di alcune opere asseritamente abusive (chiusura di un terrazzo con struttura in metallo e vetro e copertura in lamiera. Realizzazione di un pergolato con intelaiatura in acciaio fissato sui due muri esistenti e con sostegno imbullonato al suolo. Difformità delle dimensioni del garage);
Sempre sull’abuso edilizio
- l’edificio e tutte le opere oggetto di accertamento di conformità al momento della loro realizzazione si sarebbero trovati al di fuori del centro abitato, ciò che si evincerebbe da documentazione fotografica del 1965: da ciò discenderebbe la carenza di obbligatorietà del titolo concessorio, imposta per tutto il territorio comunale – e, quindi, anche al di fuori del centro abitato – soltanto con legge 765/1967;
- la c.d. doppia conformità richiesta dall’art. 140 l.r. Tosc. n. 1 del 2005 si riferirebbe alla data di realizzazione dell’abuso (qui, in tesi, ante 1° settembre 1967) e alla data di presentazione della domanda (21 dicembre 2007): quanto a quest’ultima essa avrebbe dovuto essere valutata con riferimento al testo originario dell’art. 46.3. delle NTA del regolamento urbanistico del Comune, irrilevanti le varianti del 2009 e del 2012;
- l’abitato di cui fa parte l’edificio non avrebbe le caratteristiche di una corte e, dunque, ai fini dell’attribuzione del bonus volumetrico di mc 180 previsto dalla norma edilizia, esso avrebbe potuto essere considerato a sé stante;
- poiché l’istanza riguardava anche un pergolato, un volume tecnico, una recinzione e alcune variazioni interne all’edificio il diniego – per le caratteristiche di tali interventi, asseritamente sanabili – non avrebbe potuto essere ‘generalizzato’.
Opere edilizie ante 1967: le regole dentro e fuori dai centri abitati
Ma come spesso succede il TAR rigettava il ricorso mentre il Consiglio di Stato lo accoglie.
In primis, si evidenzia che prima della legge 765/1967, entrata in vigore il 1° settembre 1967, l’art. 31 della legg 1150/1942 imponeva in via generale la licenza di costruzione solo nei centri abitati. E, per i comuni dotati di un piano regolatore generale, nelle zone di espansione esterne a essi (Corte cost. n. 217 del 2022).
L’edificazione al di fuori dei centri abitati e delle zone di espansione, nonché quella posta in essere prima della legge 1150/1942 era assoggettata a titolo abilitativo per gli immobili realizzati in comuni ricadenti in zone sismiche. È sancito a livello di fonte primaria dal regio decreto-legge 640/1935 e dal regio decreto-legge 2105/1937.
Vi erano, quindi, «comuni nei quali era obbligatorio munirsi di un titolo abilitativo edilizio, sia sulla base di fonti primarie riferite a territori sismici, sia sulla base di fonti non primarie. Che però attingevano la loro legittimazione dalla fonte primaria attributiva del potere regolamentare» (Corte cost. n. 217 del 2022).
Il caso specifico: non c’era una norma che prevedesse un titolo ante 1967 fuori dal centro abitato
Ciò premesso circa la possibilità per lo strumento di normazione secondaria di determinare l’obbligo generalizzato del titolo edilizio, ciò che va chiarito nel caso di specie è se la norma regolamentare effettivamente imponesse o meno un titolo per l’attività di edificazione. Per di più per quella esterna al centro abitato.
La risposta è negativa, secondo Palazzo Spada. Il Comune non ha infatti né contestato la data di realizzazione dell’immobile (e degli asseriti abusi) e la loro anteriorità alla introduzione dell’obbligo concessorio per tutto il territorio comunale. Né ha dimostrato che effettivamente il regolamento edilizio del 1933 prevedesse chiaramente la presenza di siffatto obbligo autorizzatorio/concessorio per l’edificazione a carico del privato.
In definitiva, il Collegio intende dare continuità alla giurisprudenza della sezione (cfr. sent. n. 3899 del 2015) secondo cui l’«articolato regime normativo, che impone l’obbligo di munirsi del titolo abilitativo (da intendersi come licenza edilizia o simile), dovendosi intendere tale dovere in senso ristretto – e cioè laddove espressamente tipizzato e obiettivamente riconoscibile dalla disciplina ratione temporis vigente–, non può rinvenirsi in norma regolamentare quale quella presa in esame dal giudice di primo grado. Ed infatti, […] nei suoi contenuti, prevedeva soltanto un “obbligo di denuncia” al Podestà. Sicché pare del tutto irragionevole desumerne la violazione dell’obbligo (operante solo in quanto, appunto, normativamente tipizzato anteriormente alla legge urbanistica del 1942) di munirsi di titolo abilitativo edilizio e sostenere la conseguente afflittiva abusività dei manufatti allora realizzati».
Lo stato legittimo dell’immobile è provato
Per completezza va anche detto che il non contestato, in primo grado, riferimento alla data di realizzazione degli interventi, compreso il garage, rende provato lo «stato legittimo» dell’immobile edificato entro il 1° settembre 1967. E comunque entro la data in cui lo strumento urbanistico locale ha imposto il titolo.
In definitiva, la carenza di un obbligo concessorio al momento della realizzazione dei contestati interventi rende illegittimo il diniego di accertamento di conformità. Non potendosi, peraltro, opporre, nel caso di specie e in ragione del peculiare assetto della vicenda, le sopravvenute varianti urbanistiche quale causa ostativa al conseguimento del titolo abilitativo richiesto.
Conclusioni, abuso edilizio
In conclusione sarà tenere ben presente la nozione di centro abitato per una corretta valutazione, anche per quanto concerne le opere realizzate prima del 1967. Questo in quanto va individuato nella situazione di fatto costituita dalla presenza di un aggregato di case continue e vicine. Ed è comunque suscettibile di espansione, ancorché intervallato da strade, piazze, giardini o simili.
fonte: ingenio