La crisi idrica, come spesso succede in Italia è affidata ad un insieme scoordinato di norme (e deroghe) emergenziali, il cui unico risultato è quello di far diventare strutturali situazioni che se opportunamente pianificate e governate potrebbero lasciare lo status di “emergenza” e liberare forze per risolvere altri problemi.
La situazione
“L’Italia a secco” è il tormentone dell’estate nella quale ha fatto caldo e non piove. Con l’aggiunta che non era già nevicato durante l’inverno, che i fiumi diminuiscono la loro portata.
L’emergenza idrica esponenziale
Il nostro Paese e la nostra politica ha la tendenza di alla una continua gestione dell’emergenza, senza rendersi conto di due aspetti:
- le ha generate e attivamente determinate;
- non si è reso conto che si tratta della ripetizione di vecchie esperienze.
Purtroppo invece di intervenire per rimuovere le cause che negli anni hanno contribuito ad alimentare precedenti emergenze irrisolte, creandone di nuove e forse, più gravi, si è limitata a placare gli animi di volta in volta esausti di chi lamentava danni.
Consigli e raccomandazioni
Ogni anno, ai primi caldi, su social, giornali e televisioni, viene dispensata la lista degli “utili consigli” su cosa fare e cosa non fare per fronteggiare il caldo anomalo (“eh, non ci sono più le mezze stagioni”…).
Invece bisognerebbe concretamente pensare a:
- ammodernare gli acquedotti colabrodo che rivelano le perdite in alcuni casi sfiorano il 60%;
- ai “NO” alla realizzazione di infrastrutture (di invasi, nel caso di specie, in grado di non disperdere una carta quantità di acqua piovana da riutilizzare in periodi di siccità).
Il circolo vizioso, l’allarme razionamento e il tentativo di cambiar rotta del PNRR
Un circolo che si autoalimenta, e che dalla finta risoluzione di un’emergenza (un periodo particolarmente piovoso) porta ad un nuovo allarme. Questo nel momento in cui i problemi, tutt’altro che risolti, si ripresentano: quest’anno l’allarme è quello del razionamento dell’acqua.
Quello che manca – per voler utilizzare un termine caro a chi si occupa di sistemi di gestione – è proprio un management idrico. Magari contestualizzato in un più ampio sistema di gestione ambientale, degno di questo nome.
Il PNRR ha cercato di porre un freno, pianificando anche la ripresa e la resilienza nel settore idrico, attraverso una serie di strumenti.
Uno degli investimenti previsti mira alla “riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua, compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti”.
La “rete intelligente” dovrebbe – nelle intenzioni del PNRR – favorire una gestione ottimale delle risorse idriche, ridurre gli sprechi e limitare le inefficienze: per fare ciò occorrono “sistemi di controllo avanzati che consentano il monitoraggio non solo dei nodi principali, ma anche dei punti sensibili della rete, attraverso la misura e l’acquisizione di portate, pressioni di esercizio e parametri di qualità dell’acqua”.
Di pari passo il Piano prevede nuove infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico, per rendere più efficienti e resilienti le infrastrutture idriche primarie per usi civili, agricoli, industriali e ambientali e superare la “politica di emergenza” (investimento 4.1); investimenti nella resilienza dell’agrosistema irriguo per una migliore gestione delle risorse idriche (4.2) e per aumentare la competitività dell’agricoltura italica; la modernizzazione delle fognature e dei sistemi di depurazione, laddove ci sono… (investimento 4.4)
Le riforme mirano a semplificare la normativa e a rafforzare la governance per la realizzazione degli investimenti nelle infrastrutture di approvvigionamento idrico.
Così facendo agiscono sulla normativa che regola il Piano Nazionale per gli interventi nel settore idrico, e “facendo del Piano Nazionale lo strumento centrale di finanziamento pubblico per gli investimenti nel settore idrico unificando le risorse economiche relative alle infrastrutture di approvvigionamento idrico previste dal Piano e semplificando le procedure, sia per quello che riguarda la formazione e aggiornamento del piano, sia per ciò che concerne la rendicontazione e monitoraggio degli investimenti finanziati”.
Sono previste anche misure per garantire la piena capacità gestionale per i servizi idrici integrati, per superare “l’evoluzione autoctona” del sistema, che “non è percorribile senza un intervento centrale finalizzato alla sua risoluzione”.
Le proposte manageriali di UNCEM
Cinque proposte che coincidono con altrettante parole chiave del credo manageriale, e che dovrebbero valere per ogni aspetto della vita di un Paese:
- pianificare;
- efficientare;
- incentivare;
- concertare;
- realizzare.
Emergenza idrica
Vale la pena riprendere quanto sinteticamente affermato da Uncem, mettendo in grassetto le parole chiave. Questo perché rappresentano un percorso in cui sono evidenti le cause (almeno alcune) dell’inefficienza e le soluzioni (quelle più urgenti) per rendere il nostro Paese resiliente, a valle di una ripresa.
Partiamo dal primo termine: pianificare.
“Pianificare invasi – Uncem lo afferma da vent’anni – vuol dire investire nella relazione tra acqua e forza di gravità – tra chi produce e chi consuma il bene – dando dunque pieno ruolo ai territori montani. Il tema “nuovi invasi” – senza semplificazioni o retorica – deve rientrare nelle partite del rinnovo delle concessioni idroelettriche delle grandi derivazioni. Perché serve una pianificazione territoriale vasta, oltre singoli municipi. Nelle valli alpine la risorsa idrica è quasi ovunque stra- sfruttata: dove facciamo oggi invasi se abbiamo condotte che attraversano longitudinalmente le valli intere? Se si pianificano invasi, occorre ripensare dove va e come è usata la risorsa, visto che l’acqua disponibile è completamente sottesa”.
“Occorre subito efficientare le reti idriche – che hanno perdite dal 20 al 60%. Non è ammissibile – sottolinea Uncem – Servono 5 miliardi di euro in 5 anni. Il Paese deve investire bene le prime risorse già stanziate nel PNRR (e altre dei POR FESR) e anche – con i gestori del ciclo idrico integrato e le ATO – mettere “in rete le reti” comunali che in moltissimi casi non sono in relazione anche per effetto di “campanilismi” da vincere. Efficientare le reti dei Comuni significa realizzare i depuratori dove non esistono. Nei paesi e città che ne sono sprovvisti, con un nuovo piano di investimenti dello Stato”.
Quanto agli incentivi, Uncem afferma che occorre ripartire “dalle case e dagli edifici pubblici. Rendere efficiente l’uso della risorsa idrica negli immobili della PA – a partire dalle scuole – e dei privati cittadini significa obbligare – come per l’installazione dei pannelli fotovoltaici – a installare meccanismi per il recupero e il riuso delle acque, ad esempio introducendo un credito d’imposta al 100% per acquisto e installazione di questi sistemi, tecnologicamente avanzati, controllati digitalmente, dotati anche di intelligenza artificiale. Crea dunque le tue piccole “riserve domestiche”. Con poche decine di euro compri una cisterna da 300 litri da mettere all’uscita della grondaia. Raccogli la tua acqua, ad esempio, per irrigare il tuo giardino. E vale anche per i condomini”.
“Rendere migliore il ciclo idrico integrato – stiamo parlando adesso della concertazione – è necessario chiedendo alle Regioni – da parte dello Stato – di convocare – anche con le Autorità d’Ambito – tavoli di interazione e concertazione del sistema degli Enti locali, con le Associazioni e i gestori di acquedotto, fognature, depurazione, con tutte le multiutilities. Chiedendo che il piano di investimenti annuale dei gestori sia finalizzato non solo alle grandi aree urbane, ma sia distribuito anche nelle aree interne e montane. Per questo, ogni regione deve inserire una percentuale di “ritorno” ai territori sulla tariffa che ciascuna famiglia e impresa paga al gestore, a vantaggio della protezione delle fonti idriche”.
L’ultima keyword è quella pragmatica, la sintesi delle sintesi: realizzazione.
“Realizzare nuovi invasi a uso plurimo della risorsa idrica (potabile, energetica, antincendio, irriguo) vuol dire essere efficaci nelle modalità di concertazione e nei tempi. Troppo già è stato perso. Troppo tempo passa dall’idea alla prima pietra. Sono necessarie forti regie regionali, nel quadro dei relativi Piani delle Acque, sbloccando il “piano invasi” nazionale oggi assopito”.
Il percorso è pianificato, le idee e le risorse per mettere in pratica quei principi di sostenibilità:
- sostenibilità ambientale;
- sostenibilità economica e sociale.
Principio fondamentale è quello di ricordarsi del problema anche quando no siamo in una situazione di gestione di emergenza.
fonte: teknoring