NEL PAESE DELLA BUROCRAZIA TORNA IL GEOMETRA

Nel paese della burocrazia torna il geometra - Geometra Andrea Mancuso - Firenze

Saranno i geometri a salvare l’Italia?

I diretti interessati giurano che per affrontare i suoi mali endemici, a partire dal dissesto idrogeologico, il Paese ha bisogno di quello che una volta veniva definito «il geometra condotto», un factotum che sapeva di tutto. Magari non aveva una grande cultura generale ma era amato dal ceto medio che considerava l’architetto una spesa per soli ricchi .

Il tempo è passato ma il geometra nell’Italia della modernizzazione incompiuta è una sorta di corpo intermedio, filtra le politiche che vengono dall’alto e le cuce con le famiglie, soffre la burocrazia però ha clienti proprio perché il processo amministrativo è complicato.

Del resto in ogni paesino c’è un geometra; persino nell’isola di Favignana ce ne sono tre e si occupano delle piccole pratiche edilizie, dell’esame dei locali per aprire un estetista e persino dei lavori al cimitero.

I geometri liberi professionisti sono quasi 108 mila, quasi tutti a partita Iva, nel 2000 erano solo 90 mila. Le donne sono in larghissima minoranza stanno sotto il 10% e arrivano solo al 16% tra gli studenti. Le classi di età sono ben distribuite con un picco tra i 40 e i 49 anni con circa 10 mila professionisti sotto i 30 anni.

A differenza di architetti e ingegneri i geometri crescono a un ritmo proporzionato, non c’è mai stato un boom bensì un flusso costante.

Grazie a questa programmazione spontanea non si può dire oggi che ci sia un disoccupato e gli iscritti all’ultimo esame di abilitazione erano circa 6.500. «Non siamo una professione alla moda come sono diventati anche gli chef – commenta Maurizio Savoncelli, presidente del Consiglio nazionale geometri – ma sappiamo farci trovare sempre pronti. Esce una norma nuova? Il geometra è già pronto a interpretarla». Così specie nei piccoli Comuni le loro competenze sono tanto ricercate e sono ben 1.500 i geometri che fanno gli assessori o i consiglieri comunali. Aggiunge Fausto Amadesi, presidente della Cassa di previdenza della categoria: «Siamo in rapporto quotidiano con i cittadini. Catasto, monitoraggio dell’ambiente, strade interpoderali, piccole infrastrutture, tutto passa da noi. E i tribunali si rivolgono a miei colleghi come consulenti».

Se ne volessimo trarre una morale potremmo dire che l’attualità del geometra dimostra come nonostante tutte le promesse sulla semplificazione della pubblica amministrazione la burocrazia negli anni sia aumentata e abbia bisogno di un cuscinetto tra lo Stato e le famiglie.

Se i geometri sono insediatissimi nella società la Grande Crisi non li ha di certo risparmiati. La loro filiera di riferimento, quella del mattone, è stata terremotata. Non si costruisce più, l’industria del riuso stenta a partire e persino intercettare il lavoro è diventato difficile.

Senza i grandi cantieri che erano la «piazza» della professione il business si è polverizzato, il rischio di dumping si avverte e si vive di passaparola. Per passare la nottata anche i piccoli studi di geometri si sono trasformati, hanno tagliato persino la segretaria e si sono salvati grazie alla tecnologia che ha abbassato i costi di ingresso.

Un giovane può aprire uno studio con un investimento iniziale da 10 mila euro e se una volta, per misurare le distanze servivano complesse strumentazioni elettro-ottiche, oggi basta un laser che costa 1.500 euro.

Risultato? i costi si sono abbattuti da 10 a 1 ma per la crisi i redditi sono calati al livello del 2006; tanto che un terzo dei geometri ha un volume d’affari sotto i 20 mila euro. Racconta Davide Viganò, geometra a Triuggio in Brianza, da 45 anni nella professione. «La nostra è una professione polivalente e quando è mancato il flusso dell’edilizia ne abbiamo presi degli altri dimostrando una grande capacità di adattamento.

Facciamo stime per le banche, dichiarazioni di successione e soprattutto ci scontriamo con la burocrazia. L’80% del tempo se ne va così, la componente tecnica è il 20%». Per i giovani geometri però cambierà tutto. «Non ci sarà più la polivalenza. Il mestiere con gli stivali, il regolo calcolatore, la matita e le tavole logaritmiche andrà a scemare. Bisognerà che si specializzino e scelgano un segmento».

Già oggi però il vertice della piramide professionale ha abbandonato la polivalenza e preso la strada dello studio associato. Casi come quello di Luciano Facelli, 54 anni, torinese che proprio in virtù della specializzazione è riuscito a entrare con il suo studio nelle filiere di fornitura delle grandi imprese. «Sono appena tornato da Copenaghen dove su incarico dell’Ansaldo ha lavorato come topografo».

In questa situazione i geometri ce l’hanno con la riforma Gelmini che ha tolto la parola stessa della professione dal sistema scolastico.

Non ci sono più gli istituti tecnici per geometri ma esce fuori un diplomato tecnico per costruzioni, ambiente e territorio. «Hanno eliminato diritto dalle materie di studio e impoverito i programmi» denuncia Savoncelli. È una ferita che non si è rimarginata tanto che ora i geometri spingono perché venga ridisegnato il percorso di studi per recuperare credibilità presso le famiglie.

Vogliono anche una laurea triennale specialistica e il ministro Giannini sembra che abbia dato loro ragione. «La laurea breve è in linea con gli orientamenti europei e un giorno garantirà ai giovani di potersi spostare».

Per ora la professione, grazie all’alto tasso di burocrazia del nostro sistema, non teme invasioni dalle frontiere. Non c’è il geometra polacco alla frontiera. Ma le commesse più interessanti, quelle dai 100 mila euro in su, vanno a gara europea e se le disputano i grandi studi italiani e non. Per oltrepassare il tunnel della crisi non basta la scuola, ci vogliono scelte a breve.

Croce e delizia del geometra è il rapporto con la pubblica amministrazione, ogni Comune ha un regolamento edilizia diverso e il sistema è spezzettato. In più gli enti locali spesso non hanno più le competenze interne, i vecchi uffici tecnici che erano un presidio di sapere del territorio non ci sono più. Il sogno dei geometri è quello che lo Stato riconosca loro un ruolo sussidiario sia per alcune procedure autorizzative sia per le autocertificazioni.

Nell’attesa che lo Stato accetti di dimagrire uno sbocco occupazionale immediato è rappresentato dai condomini. La riforma del 2014 accresce il ruolo dell’amministratore che avrà competenze di carattere fiscale e dovrà formarsi. Oggi la metà degli oltre 40 mila amministratori professionali è geometra già oggi ma Savoncelli è convinto che si possa fare di più e già intravede almeno 10 mila occasioni di lavoro per i suoi.

Fonte: corriere